Agorafobia, la paura per gli spazi aperti come si combatte?
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L’agorafobia è una malattia dei tempi moderni che viene tuttavia descritta con un termine derivante dal greco: fobia, come quasi tutti sanno, vuol dire paura, mentre l’agorà era la piazza greca, lo spazio aperto per eccellenza.
L’agorafobia è dunque la paura degli spazi aperti, una sindrome classificabile tra i disturbi d’ansia che, se non curata, può diventare estremamente invalidante per il soggetto che la prova.
Esistono diversi livelli di agorafobia, ma in tutti i casi questa patologia è accompagnata da una forte ansia che spesso sfocia in attacchi di panico molto difficili da controllare.
Viene curata efficacemente con farmaci ansiolitici – conosciuti come benzodiazepine – e nei casi più resistenti con antidepressivi di ultima generazione, i cosiddetti RSSI, che bilanciano la serotonina presente nel cervello inibendo il meccanismo della paura; tuttavia i trattamenti farmacologici non sono risolutivi senza una terapia di tipo psicologico mirata a individuare e a rimuovere la causa che scatena gli attacchi d’ansia nei luoghi aperti.
I farmaci infatti sono in grado di tenere sotto controllo i sintomi, ma non rimuovono le cause che sono sempre psicologiche, risalenti generalmente a vecchissimi traumi – di cui il soggetto può anche non avere memoria – oppure a un’educazione eccessivamente repressiva, che ha provocato un’aggressività e un’energia latenti che si scatenano proprio quando ci si trova in spazi dalle mille opportunità e pieni di gente, come sono appunto i luoghi aperti.
Chi soffre di agorafobia vive un conflitto interiore molto forte tra una spiccata voglia di libertà e indipendenza e la paura delle conseguenze che essa potrebbe avere.
Questa patologia, per avere più speranze di guarigione, va curata sul nascere, imparando a non evitare quei luoghi che potrebbero scatenare gli attacchi.
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